Le parole che fanno bene ai bambini

Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta molto a cuore e credo sia importante anche per voi, giacché io amo scrivere e voi leggere: l’importanza delle parole.

Tutte le mamme e i papà che ho conosciuto hanno sempre avuto una cosa in comune: cercavano il meglio per i loro bambini; chiedendosi spesso se il loro comportamento, il premio o la punizione, il cartone animato o il tal giocattolo, fossero adeguati per lui.

Ho sempre sentito tantissimo amore e cura in questo essere perennemente dubbiosi. Eppure c’è qualcosa che incide enormemente di più, sui ricordi dei bambini: più dei giochi che gli si regala, più dei cartoni con cui si cresce, i bambini si ricordano le nostre parole.
Ciò che diciamo e ciò facciamo, per i piccoli sono un tutt’uno.

Nascono che ancora non capiscono il significato delle parole, ma già percepiscono benissimo i toni, le espressioni facciali che usiamo, e i nostri gesti. E questo talento innato comincia dal momento in cui vengono al mondo, ma è in continua evoluzione, migliora giorno dopo giorno, e si arricchisce continuamente; a 7 mesi nostro figlio è già in grado di usare il suo corpo per trasmetterci significati ben precisi! Come ad esempio allungare le braccia verso di noi per essere preso in
braccio.

Quindi il messaggio che veicoliamo loro, non è fatto solo del contenuto che trasmettiamo con le parole, ma soprattutto della forma con cui lo presentiamo.

Crescendo poi, i bambini associano alla forma con cui noi ci esprimiamo, anche il significato dei termini che usiamo. E anche questo è in costante sviluppo, ma alcuni bambini mostrano in modo palese i loro progressi di comprensione, altri… ce lo tengono nascosto! E sembra che non si accorgano neppure che parliamo con loro o di loro.

Ma loro capiscono, ve lo assicuro!

Già a un anno comprendono il significato di frasi semplici e quotidiane, ed è qui che comincia il bello. Loro ci osservano incessantemente e assorbono come spugne TUTTO quello che diciamo. Per questo è importante scegliere con cura le parole che vogliamo che loro conoscano, esattamente come ci preoccupiamo dei cibi che offriamo loro, o delle immagini che gli permettiamo di vedere. Provate a considerarla come una sorta di alimentazione verbale: le parole nutrono. Nutrono il cervello, il cuore, la memoria, l’autostima.

Ciò che diciamo dei nostri bambini, li aiuta a formare la percezione del loro Sé. Ciò che diciamo ai nostri bambini, alimenta la loro anima e la loro immagine del mondo.

Con le parole, trasmettiamo i nostri valori, i nostri sentimenti, le nostre rappresentazioni interiori. Se siamo tristi, spaventati o scoraggiati, tenderemo ad usare delle parole diversissime rispetto a quando siamo felici e ci sentiamo sicuri e forti. E questo anche solo per comunicare cose semplici e quotidiane, non per forza parlando di noi e dei nostri sentimenti. Non ce ne accorgiamo, perché anche noi abbiamo avuto una “dieta lessicale” di un certo tipo. Fa parte di noi avere un lessico familiare che ci è stato veicolato da generazioni; ed è come l’aria che respiriamo: non ci accorgiamo dell’odore che ha, del sapore che ha, finché non la cambiamo.

Allora proviamo un attimo ad assaporare il gusto che hanno le nostre parole, fermiamoci a studiarle, guardarle, sentire come ci risuonano dentro.

Stiamo parlando noi? Sta parlando la nostra amata nonna, tramite quel proverbio che ripetiamo sempre? O sta parlando la maestra che ci faceva sentire piccole e inadeguate, quando facevamo un errore?

Cosa cambierebbe, per i nostri bambini, se noi cambiassimo le parole che usiamo?

Al posto di un “attento che ti fai male” o un “oh no! Stai per cadere!”, quanto suona diverso ascoltare “presta attenzione e muoviti con prudenza” oppure “sei molto bravo a fare questi gradini, aspettami che li facciamo insieme”.

Quello che a me smuove più di ogni altra cosa, è vedere mia figlia piangere. Anche perché è molto melodrammatica, e mi suscita d’istinto un “No! Non piangere! Va tutto bene, tranquilla!” Le mie intenzioni sono delle migliori, vorrei solo porre fine a una reazione spesso esagerata e
plateale; ma quando ascolto la mia voce dire questo, mi accorgo che il mio tono è più secco e nervoso di quanto vorrei, come se vederla piangere incrinasse la mia serenità. E allora provo a dire cose diverse, che trasmettano immagini diverse, perché quella frase l’ho imparata a dire, ma forse non è la MIA.

Capirete presto le parole che faranno sentire meglio voi e il vostro bambino, perché sono quelle che vi nutrono meglio e appagano prima e per più tempo la loro fame.

Lavorando negli asili nidi ho visto “fami” molto diverse.

Ci sono bambini che hanno bisogno di veder legittimato il loro dolore, e allora possono aver fame di un “ehi, è stato veramente brutto e pauroso quello che è successo, vero?” oppure “deve essere molto dura per te. Ti capisco” o anche un “piangi pure, va bene… puoi farlo”.
Altri bimbi hanno bisogno di un semplice “sono qui”, “non sei da solo”, “ti ascolto”. Per alcuni è importante nominargli l’emozione che stanno vivendo, per aiutarli a comprenderla: “piangi perché sei molto triste, o sei arrabbiato?” Altri ancora hanno solo bisogno di vivere quel sentimento, ma sapere che voi li sostenete: “vedo che preferisci restare solo, ma quando sarai pronto io sono qui”.

Quante cose ci possono essere dentro le parole! Ci sono abbracci che aspettano il momento giusto per essere accolti, balsami che leniscono ogni ferita, e anche la fiducia nelle capacità dei nostri bambini di cavarsela da soli, e la certezza serena che passerà tutto.

Loro bevono dalla nostra voce tutto quello che vogliamo trasmettergli. Cerchiamo sempre di comunicargli il meglio.

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