Tutti a letto!

Tra il 2004 e il 2007, l’Associazione Culturale Pediatri delle regioni Puglia e Basilicata, ha monitorato il sonno di 1438 bambini. Hanno intervistato i genitori, fatto scrivere un diario del sonno di ciascun bimbo, e il risultato è una delle più vaste indagini condotte con metodi scientifici su questo argomento, qui in Italia.

Perché ve ne parlo? Per tranquillizzarvi.

Sarebbe facile dirvi che il sonno è un argomento spinoso per tutti, che ogni famiglia ha vissuto momenti critici sull’addormentamento dei figli, ma che poi ne sono usciti. So anche che è inutile dirvi che siete bravi, che state già facendo tutto nel migliore dei modi, e dovete solo aver fiducia che prima o poi ne uscirete. Li vedo io, i sensi di colpa sotto al materasso! I dubbi nascosti sotto al letto, o i giudizi altrui che vi bisbigliano alle 3 di notte sotto al cuscino.

So benissimo cosa vi dicono.

Che non dovevate farlo venire nel lettone, quella maledetta notte. Che ora non se ne andrà mai più. Che addormentarlo tra le vostre braccia è sbagliato, che gli state dando un vizio, che crescendo avrà turbe mentali e non saprà stare solo, e che siete voi gli elementi problematici di una sana relazione genitore-figlio!

Ed è qui che io invoco il potere della statistica.

Non vi ammorbo con dati mondiali, perché se vi dicessi che il Giappone tende a praticare il co-spleeping fino ai 6 anni, voi mi potreste obiettare che sono una cultura diversa, con dinamiche familiari diverse, e che non ve ne frega di cosa facciano in Giappone. Molto bene. Usiamo la ricerca di cui sopra: tutta italiana, svolta per 3 anni, serissima.

È emerso che il 72% dei bambini tra un mese e 3 anni, ha bisogno della presenza del genitore per addormentarsi. Che il 67% richiede il contatto fisico. Che l’86% dorme insieme ai genitori… in camera, nel lettone o nel lettino; qualche notte, o tutte le notti. Pensavate di essere voi quelli sfigati, eh?

Consolatevi: siamo messi così quasi 9 famiglie su 10.

Il bisogno di vicinanza

Parliamoci chiaro: vostro figlio è stato nel grembo materno per 9 mesi. Al buio, al caldo, circondato da suoni ovattati tranne che per il battito continuo del vostro cuore. La nascita di per sé è un evento abbastanza traumatico: c’è il contatto con l’aria fredda, la luce accecante, il sentirsi circondati dal vuoto, con la perenne sensazione di cadere; terribile, vero? A livello di sviluppo della specie, noi abbiamo scritto nei nostri geni che DOBBIAMO dormire tra le braccia della mamma. Solo stando vicini al genitore, i piccoli sopravvivono ai pericoli circostanti: fame, freddo, predatori, cadere o perdersi.

Le vostre braccia li fanno sentire contenuti, il suono del vostro cuore li rasserena che va tutto bene, e fino a 6/7 mesi il bambino cerca solo questo: il co-spleeping. Perché passa gradualmente dall’essere un tutt’uno con voi, a essere qualcosa di altro da voi. E comincia a percepire la vostra assenza, che per lui è eterna, definitiva, pericolosa. Non lo sa che state solo dormendo nell’altra stanza, che potete arrivare in un minuto! Per lui conta solo che voi non ci siate, che non si senta avvolto, bensì abbandonato. E allora urla, strilla a più non posso, chiama con tutto il fiato che ha in gola che forse l’avete perso, che è qui! Per tornare in fretta sul vostro cuore, dove può dormire sereno.

Si chiama esogestazione: e in sostanza significa che per 9 mesi vissuti dentro di voi, servono 9 mesi accanto a voi per nascere nuovamente come individui autonomi.

Voi ovviamente potete anche non amare il co-spleeping, e scegliere di abituare fin da subito vostro figlio nel suo lettino. Non c’è nulla di male, e tantissimi bambini dormono bene così. Mia figlia era una di quelle che già a 2 mesi voleva dormire da sola, nel buio più completo, senza rumori o suoni disturbanti. La mia presenza praticamente la infastidiva.

Questo per dire che i geni non sono tutto!

Ammetto che io mi sentivo una miracolata, una mamma modello che aveva abituato fin da subito la figlia ad essere autonoma nella nanna. Quanto ero tenera! In quanto mamma stordita dagli ormoni, avevo completamente rimosso quella meravigliosa fase che comincia a 9 mesi.

L’ansia da separazione

Se come me fate parte di quella cerchia che aveva il neonato sereno in culla, e il duenne fisso nel lettone, non arrovellatevi per capire quando avete commesso il fatale errore per farli deviare dalla retta via. È più comune di quanto pensiate. La ricerca di cui sopra, ci dice che a un mese di vita solo l’11% dei bambini dorme stabilmente nel lettone.

Ma guarda caso a 3 anni la percentuale triplica!

La colpa è sempre di quell’ansia di separazione di cui parlavamo, che sopraggiunge tra gli 8 e i 9 mesi, e che ci fa capire che il nostro bambino sta crescendo “bene”. Ci sta percependo come esseri diversi da lui, distaccati, che possono andarsene e ritornare. Insomma, se è vero che siamo fatti al 90% di acqua e ansia, possiamo dire che questo comincia da prima dell’anno!

Questo cosa comporta?

Che anche i bambini che dormivano sereni tutta la notte, ora cominciano a svegliarsi per “sorvegliare” la mamma. Prima che scattiate con la protesta: sì, esistono i neonati che dormono tutta la notte; sono rari, ma esistono. Mia figlia era una di quelle che dai 2 mesi preferiva saltare le poppate notturne e dormire 8 ore filate (ma questo accadeva nelle notti in cui non aveva coliche, tosse, bronchite, otite, mal di pancia, mal di denti…). E in ogni caso poco prima dell’anno ha cominciato a svegliarsi 3-4 volte a notte, come tutti i bambini normali del mondo, per lo scatto evolutivo di cui parlavamo.

Quindi care amiche rassegniamoci: i bambini si svegliano. Chi più, chi meno… ma lo fanno tutti.

“Il metodo” esiste?

Qual è il compito di noi genitori, davanti all’ansia di separazione?

Accompagnare i nostri figli a un distacco sereno. Ci sono milioni di risposte diverse, a questo bisogno primordiale di sicurezza. C’è chi li tiene a dormire nel lettone, finché non sono i bambini stessi a dare segnali
di essere pronti; quelli che passano ore a leggere storie; chi li fa addormentare in braccio, con tetta o biberon colmo di latte o camomilla; e ci sono quelli che usano la linea dura, sopportando pianti e strilli finché i loro figli non imparano addormentarsi da soli.

Non esiste qualcosa di completamente sbagliato, né assolutamente giusto.

Questo ci tengo a precisarlo, perché anche la linea pedagogica più sensibile e attenta – se applicata da un genitore in ansia, o che non sente suo quel metodo – non porta alcun beneficio.

Non vi dirò di tenere vostro figlio nel lettone, se questo può comportare una crisi di coppia o un disturbo del sonno per uno di voi. Non vi consiglierei mai di lasciar piangere vostro figlio, se sentendolo gridare scoppiate a piangere anche voi.

Posso però dirvi che molti studi hanno visto come il pianto prolungato di un bambino aumenti il suo livello di stress, il battito cardiaco, il livello di cortisolo, che sembra influire sullo sviluppo dei sistemi di neurotrasmettitori che nel primo anno di vita può avere effetti nocivi sulle sinapsi. E che risposte tempestive di cura, abbiano portato i bambini a rasserenarsi in modo più efficace, ovvero ad avere conferma che in caso di bisogno la mamma corre… quindi non occorre piangere sempre, in modo ansiogeno, solo per controllare che lei arrivi.

Non serve andare in panico ogni volta che il bambino piange, ovviamente. Ma personalmente credo che un neonato addormentato dopo ore di pianto non si sia calmato, ma che sia esausto. E ciò che avrà imparato è che è inutile dare segnali di allarme, tanto nessuno corre in aiuto. E questo non è in linea con la mia filosofia.

Consigli pratici

Per accompagnare il bambino a dormire in autonomia, servono calma, pazienza e molta comprensione. Sarà qualcosa di graduale, che metterete in atto quando vi sentirete pronti anche voi, e richiederà settimane o mesi; ma tra i 5 e i 10 anni tutti i bambini imparano a dormire da soli.

Questo avviene sempre, a meno che non ci siano problemi particolari di ansia, disturbi del sonno, o altre motivazioni psicologiche del vostro bambino, per le quali sarebbe bene chiedere il sostegno di specialisti. Ma in tutti gli altri casi, l’autonomia arriva, che li si aiuti o no. Noi possiamo solo sostenerli e – appunto – accompagnarli in questo processo. Vediamo come:

  • predisporre uno spazio adeguato al bambino: una cameretta accogliente, con colori tenui e non troppo accesi, priva di stimoli visivi o uditivi troppo disturbanti, e magari con elementi scelti dallo stesso bambino. Provate a incentivarlo arredando insieme a lei/lui la sua “cameretta da bimba/o grande”.
  • agevolare l’addormentamento con rituali: lavarsi i denti, fare il bagnetto, spazzolarsi i capelli, leggere le favole o scegliere il peluche per la nanna. Fate cose insieme, che siano rituali fissi, che il bambino conosce e può anticipare mentalmente. Avviatelo al momento della nanna staccando tv, cellulari, musica e qualunque altro stimolo “eccitante” almeno mezz’ora prima.
  • l’uso della voce: se mentre vi preparate per la nanna comincerete ad usare un tono basso, calmo e lento, metterete già i vostri figli in uno stato mentale rilassato, e più sereno.
  • rendersi disponibili: rispondete ai loro appelli, anche se sono palesi scuse per vedervi comparire sull’uscio della porta. Che sia la richiesta di un bicchiere d’acqua, o il falso allarme della pipì, ripetete loro che in caso di bisogno voi ci siete e arriverete sempre. All’inizio vi metteranno molto alla prova, ma piano piano si calmeranno.
  • aiutateli ad esprimere i loro bisogni: “vuoi davvero un bicchiere d’acqua, o ti serve una coccola?” Sembra una cosa sciocca, ma spesso i bimbi non osano esprimere bisogni di affetto, che invece sono essenziali quanto l’acqua! Incoraggiateli voi. A volte basta dare una carezza, un bacio, o due minuti stretti stretti, per soddisfare il bisogno davvero necessario per addormentarsi sereni.
  • siate onesti: inutile inventare bugie, a mio parere vince la sincerità. Dite ai bambini dove siete e cosa state facendo, mentre loro fanno la nanna. “Guardo un film col papà sul divano”, “sono nel mio letto a leggere”, “mi prendo del tempo per pensare e rilassarmi”, “mi addormento anche io”. Dite loro la verità. A volte i bambini pensano che non li vogliamo, mentre potrebbero sentirsi sollevati a sapere che state solo facendo cose che richiedono solitudine (pensare, riposare, leggere), anche loro a volte hanno bisogno di solitudine! E se manifestano desiderio di vedere anche loro un film con voi, o leggere un libro insieme, rilanciate la cosa come proposta per il giorno dopo! Dopo che avranno fatto una bella nanna e saranno riposati e pieni di energia.
  • restare calmi: facile a dirsi, ma non a farsi! Specie se si svegliano alle 2 di notte. Ma più nervosi e agitati vi mostrerete, e più difficile sarà riaddormentarli. Se siete veramente tanto nervosi, convincete chiunque altro in casa ad andare a dire una parola di conforto al bimbo (se lo avete), o prendetevi 2 minuti (se non sta urlando come un’aquila). È mportante che stiate bene voi, per far stare bene vostro figlio!
  • essere flessibili: se ogni tanto torna a dormire nel lettone in modo occasionale, o lo fa in caso di incubi, o lo fa ogni giorno a metà nottata, non disperate! È un processo graduale, state andando bene!
  • trovare il gesto/oggetto consolatorio: a volte i bambini hanno bisogno di oggetti transizionali, per superare una fase di distacco. Possono essere oggetti materiali (ciucci, bambole, peluche, copertine, carillon…) ma anche gesti o suoni (una ninna nanna, il bacio sulla fronte, le carezze ai capelli…)
  • capire i vostri sentimenti: a volte non sono tanto i bambini a non essere pronti al distacco, ma i genitori! Se passate poco tempo con vostro figlio, se vi sembra stia crescendo troppo in fretta, se avete dei motivi per temere il distacco da lui, è possibile che passiate questo profondo desiderio di vicinanza al bambino, che giustamente non vi vorrà lasciare. Cercate di capire cosa vi fa stare male, nel distacco. Cercate di trovare altre risposte al vostro bisogno: può essere dedicarvi più tempo, o più momenti di intimità e coccole; può essere il dover realizzare di essere mamme, anche se non più mamme-chioccia di un neonato. Cresce vostro figlio, ma crescete anche voi. L’essere genitori evolve insieme all’essere figli.

E ricordate: nessun 15enne dorme con la mamma, prima o poi l’autonomia arriva per tutti! Che ci arriviate ai suoi 3 anni, o ai 7, l’importante è che voi stiate bene e che facciate tutto rispettando anche i vostri bisogni!

I bei sogni si fanno solo se stiamo bene.

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